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Covid-19 e economia

Covid-19 e l'Economia

Documento della Commissione Covid-19 

Per la prima volta, l’Italia, l’Europa e in larga parte il mondo intero sono stati colpiti contemporaneamente da quattro gravissime crisi: sanitaria, economica, finanziaria e sociale, che si intrecciano in vario modo con le pre-esistenti crisi ambientali e politico-istituzionali. Le quattro crisi colpiscono in maniera differenziata le varie aree territoriali, i diversi ceti sociali e settori economici, le fasce di età; allo stesso tempo interagiscono tra loro. Gli aspetti di novità che le caratterizzano rendono difficile stimare con sufficiente approssimazione e precisione la loro evoluzione in termini di estensione, intensità e durata. Le misure d’intervento debbono comunque essere di dimensione ingente e di realizzazione immediata, coordinate tra i diversi livelli decisionali (internazionali, nazionali, locali).

La crisi economica ha dimensioni mondiali e una portata comparabile a quella della Grande Crisi del 1929 e superiore a quella del 2008. I suoi effetti si faranno sentire per un periodo di tempo di anni, sicuramente più a lungo della drammatica crisi sanitaria che stiamo vivendo. Vi sono evidenti rischi di uno scollamento della convivenza sociale, come di una disgregazione del sistema economico e del quadro politico europeo e globale. Nell’Unione Europea, il rischio è che la crisi porti con sé un ulteriore incremento della divergenza tra aree e regioni che adottano l’euro. Possiamo però contare, rispetto alle due grandi crisi precedenti, su uno strumentario più ampio di politica economica e su una maggiore apertura al suo utilizzo. In particolare l’Unione europea ha sospeso il Patto di stabilità (Fiscal compact) e ha, in potenza, una rete di protezione molto forte: accanto alla Banca centrale europea, il bilancio europeo, la Banca europea per gli investimenti (Bei), il Fondo europeo per gli investimenti (Fei), il Meccanismo europeo di stabilità (Mes); altri strumenti, tra cui il Recovery Fund in discussione in queste settimane, possono aggiungersi.

Questa crisi ha diversi aspetti. Si allarga progressivamente l’area della povertà, con caratteristiche nuove: alle aree tradizionali si aggiungono ora in molti casi le famiglie delle vittime che perdono la loro fonte di reddito, i nuovi disoccupati, le fasce del lavoro autonomo e irregolare e della piccola imprenditoria commerciale, e in misura più o meno consistente altri gruppi sociali. Si ampliano le diseguaglianze: quelle economiche e territoriali, per il diverso impatto della crisi sui diversi settori economici (si pensi al turismo in negativo e, in positivo, alle aziende del settore sanitario), quelle relative alla formazione culturale (si pensi agli effetti differenziati della chiusura delle scuole).

Lo shock di offerta, con la sospensione dell’attività produttiva di tante imprese e con le difficoltà causate dall’interruzione delle catene globali di produzione, si aggiunge allo shock di domanda, pesante e generalizzato nell’immediato, ma anche persistente e differenziato in una prospettiva di più lungo periodo. La crisi di tante aziende trascina con sé problemi difficili per il sistema bancario. La caduta delle entrate fiscali, le maggiori spese immediate per affrontare la crisi sanitaria e per il sostegno alle famiglie e all’economia comporta, nel periodo più lungo, un problema per le finanze pubbliche. Una crisi finanziaria di vaste dimensioni può essere innescata da tensioni nell’area dell’euro, come dai riflessi della crisi economica sul sistema bancario e assicurativo, nonché dalle forti tensioni presenti nei mercati finanziari e valutari internazionali. Questi diversi aspetti vanno considerati e affrontati separatamente, con provvedimenti ritagliati di volta in volta sullo specifico problema affrontato, pur in un quadro unico di riferimento.

Accanto alle misure dirette ad affrontare la crisi sanitaria, sono già state adottate o sono in corso di adozione misure dirette a far fronte ai diversi aspetti della crisi economica. Dopo alcuni tentennamenti iniziali, la Banca Centrale Europea ha adottato interventi di ampia portata, anche innovativi, che hanno riportato e mantengono sotto controllo i mercati finanziari, in particolare quelli del debito pubblico, e vanno fornendo abbondante liquidità al sistema bancario. I governi dei vari paesi hanno adottato separatamente, ma muovendosi in direzioni analoghe, provvedimenti di garanzia sui prestiti bancari per assicurare che tale liquidità giunga alle imprese, mettendole in condizione di superare la fase più difficile della crisi e continuare la loro attività. Questi interventi di garanzia, e altri di sostegno diretto alle imprese, sono stati condizionati al mantenimento dei livelli di occupazione, in tal modo frenando l’aumento della disoccupazione (che in alcuni paesi caratterizzati da un mercato del lavoro più flessibile, come gli Stati Uniti, sta superando ogni ragionevole livello di guardia). In alcuni paesi, è in discussione la possibilità di condizionare le garanzie anche al fatto che le imprese non abbiano sede in paradisi fiscali. In Italia sono stati adottati provvedimenti diretti ad alleviare e contenere il problema della povertà; accanto alle misure di sostegno diretto del reddito dei più poveri, andrebbero adottate anche misure come il riconoscimento degli immigrati irregolari, e altre dirette a favorire l’emersione del lavoro nero, per assicurare a tutti i lavoratori il necessario sostegno e le necessarie garanzie.

In questa situazione, difficile e complessa, ci sembra opportuno affermare alcuni principi generali:

1. Di fronte a una crisi che ha colpito, sia pur in misura diversa e in (rapida) successione temporale, tutto il mondo e in particolare tutti i paesi europei, deve essere perseguita una forte risposta europea. L’impegno immediato sul piano del sostegno economico a tutti i paesi, e soprattutto a quelli maggiormente colpiti, deve essere accompagnato da un approfondimento dell’Unione europea, con l’adozione di nuove regole dirette ad assicurare una maggiore unità anche sul piano delle normative fiscali, un ampliamento del bilancio comunitario, una più stretta collaborazione nei campi della ricerca e dell’istruzione, nella costruzione delle infrastrutture, nella difesa dell’ambiente, nell’elaborazione di norme interne comuni per la promozione e tutela degli investimenti diretti. Un ruolo centrale dovrebbe avere una politica di investimenti pubblici europei in questi settori, finanziata non solo con una espansione del bilancio europeo ma anche tramite altri strumenti, quali il potere di leva finanziaria di istituzioni come la Bei. Una politica industriale su scala europea dovrebbe inoltre affrontare il problema della spinta alla de-globalizzazione delle catene produttive per assicurare l’approvvigionamento dei beni essenziali, in modo da continuare a sfruttare le economie di scala e di specializzazione produttiva e da evitare spinte autarchiche.

2. Di fronte a una crisi mondiale, l’Unione europea deve iniziare a predisporre un Piano di aiuti diretto verso i paesi più poveri dell’Africa (a carico del suo stesso bilancio, eventualmente utilizzando la Bers (Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo) per estendere il programma ad altri paesi e assicurare un effetto moltiplicativo), tenendo conto dei Sustainable Development Goals (Obiettivi di sviluppo sostenibile) delle Nazioni Unite. Lo impone non solo il contrasto alla crescita delle pressioni migratorie, ma la stessa logica economica. Nel dopoguerra, gli aiuti finanziari statunitensi erano diretti, con il piano Marshall, alla ricostruzione europea; ma erano serviti allo stesso tempo ad assicurare al sistema produttivo statunitense una domanda di beni e servizi sostitutiva di quella bellica; ora, con il calo generalizzato della domanda, l’apparato produttivo europeo presenta margini ampi di capacità produttiva inutilizzata, che potrebbero essere utilizzati per l’avvio di un processo di sviluppo produttivo nei paesi più poveri. L’Unione europea e gli stati membri sono il maggior contributore al mondo per gli aiuti allo sviluppo, ma non c’è un sufficiente coordinamento che, soprattutto per l’Africa, sarebbe cruciale.

3. All’interno del paese, è bene che le misure a sostegno dell’economia e della società vengano adottate con urgenza ma con gradualità, concentrando l’attenzione sulla loro concretizzazione immediata e verificandone man mano l’efficacia, in modo da poter correggere il tiro quando necessario, bilanciando le risorse destinate alle varie urgenze. Occorrerà anche studiare per quali settori la crisi avrà effetti di lungo periodo, se non permanenti, e chiedersi come affrontarle. La rincorsa demagogica ai grandi numeri, spesso senza effetti concreti nell’immediato e sbilanciati tra le varie urgenze, rischia di lasciare una eredità pesantissima per le finanze pubbliche, e va assolutamente evitata.

29 aprile 2020

 

 

I pareri espressi dalle Commissioni Lincee rientrano nella loro autonoma responsabilità.

 

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Disponibile anche la versione inglese del documento, intitolata "Covid-19 and the economy".
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Author: 
Commissione Covid-19
Date: 
Wednesday, 29 April 2020
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