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Accesso equo ai vaccini

Accesso equo ai vaccini

Documento della Commissione Covid-19

 

Sommario

  • Executive summary
  • 1. I problemi legati alla realizzazione ed alla condivisione dei vaccini
  • 2. Quadro di riferimento internazionale
  • 3. Necessità di un passo avanti rispetto all’esistente e accordi globali tra Stati ed industria

 

1. I problemi legati alla realizzazione ed alla condivisione dei vaccini

Nei 150 giorni trascorsi dalla prima caratterizzazione del virus che causa la Covid-19 fatta dagli scienziati cinesi, la comunità scientifica internazionale ha lavorato con un’intensità mai vista prima per acquisire quante più informazioni possibili su questa malattia, ed ha fatto in modo che questi dati, ottenuti in qualsiasi centro di ricerca e in qualsiasi parte del mondo, siano liberamente accessibili a tutti. Sono proprio questi dati, insieme a quelli ottenuti in passato a proposito delle epidemie di SARS e di MERS, entrambe causate da coronavirus abbastanza simili, che hanno guidato la progettazione dei “vaccini candidati” per prevenire la Covid-19.

Al momento non esiste ancora un vaccino per la Covid-19, ma esiste un buon numero di possibili “vaccini candidati”. I progetti portati avanti da alcuni laboratori, sia pubblici sia privati, sono stati finanziati con fondi nazionali, altri con fondi internazionali, ed altri con fondi privati. È probabile che spesso fondi di diversa origine abbiano contribuito o stiano contribuendo allo sviluppo dello stesso progetto.

Le condizioni dei finanziamenti possono però differire notevolmente e influenzarne la successiva disponibilità. I vincoli, la proprietà brevettuale e la disponibilità dei risultati del progetto sono infatti influenzati dal tipo di finanziamento che ciascun progetto riceve.

Ad esempio, i finanziamenti che per primi hanno promosso e coordinato progetti per un vaccino anti Covid-19 sono stati quelli della Coalition for Epidemic Preparedness and Innovations (CEPI), una fondazione stabilita ad Oslo, istituita a Davos nel gennaio 2017 durante il World Economic Forum e costituita da partner internazionali, sia privati sia pubblici. Una quantità significativa di fondi è stata elargita alla CEPI dalla Bill & Melinda Gates Foundation, dal Welcome Trust e dai governi di numerosi paesi. Le principali compagnie farmaceutiche multinazionali hanno annunciato la loro collaborazione. I progetti coordinati della CEPI seguono strategie concettuali e piattaforme tecnologiche tra loro molto diversificate. Questa diversificazione è apparsa subito essenziale proprio perché, per molte malattie, ma principalmente nel caso di una malattia nuova come la COVID-19, è difficile prevedere quale sia il tipo di risposta immunitaria, e quindi quale sia il tipo di vaccino che meglio protegge contro l’infezione.

Il progetto portato avanti dalla francese SANOFI è invece finanziato dalla Biomedical Advanced Research and Development Authority (BARDA), l’ente di ricerca del Governo statunitense, che dichiara di avere acquisito il diritto ai primi milioni di dosi del “vaccino candidato” da lei finanziato.

La Commissione europea ha stanziato 48,25 milioni di euro per finanziare 18 progetti di ricerca nell’ambito del programma europeo Orizzonte 2020 per la ricerca e l’innovazione. A questi progetti collaborano 151 squadre di ricerca provenienti da vari paesi europei e non, con l’obiettivo di migliorare la prontezza della risposta alle epidemie sviluppando sistemi di monitoraggio più efficaci per prevenire e controllare la diffusione del virus e sviluppare test diagnostici rapidi per consentire una diagnosi più veloce e accurata. I ricercatori lavorano inoltre per individuare nuove terapie e sviluppare nuovi vaccini. Le squadre di ricerca condivideranno i risultati ottenuti per velocizzare la risposta della sanità pubblica contro il virus. Nel marzo 2020, la Commissione europea ha offerto 80 milioni di euro in finanziamenti a CureVac, un’impresa tedesca che sviluppa vaccini innovativi (mRNA-based). Il sostegno è dato in forma di garanzia dell'UE di un prestito della Banca europea per gli investimenti dello stesso importo, nell'ambito dello strumento di finanziamento chiamato InnovFin per le malattie infettive, nel quadro di Orizzonte 2020  (1).

Nonostante i massicci finanziamenti, non sorprende che nel breve tempo finora trascorso dall’identificazione del SARS-Cov-2 non siamo ancora in grado di prevedere se e quali dei numerosi progetti di ricerca attualmente in corso (2) porteranno effettivamente ad un nuovo vaccino e quale/i tecnologie dovranno poi essere concretamente utilizzate per la sua produzione, né quindi quanti investimenti saranno infine necessari.

Tuttavia, mentre assistiamo a primi tentativi di accaparramento da parte di alcuni Stati o a dichiarazioni di potenziali produttori che intendono orientare le vendite in determinati paesi, abbiamo in realtà davanti a noi una serie di problemi – industriali, di investimento, di accesso al vaccino - che non possono non essere affrontati subito ed in modo congiunto a livello globale.

In primo luogo, in caso di pandemia è necessario uno sforzo progettuale da parte delle imprese molto maggiore e molto più rapido degli usuali, per giungere ad un prodotto il prima possibile. Come noto, questi sforzi di ricerca richiedono ingenti investimenti, usualmente remunerati dal brevetto successivamente ottenuto. C’è dunque bisogno, in questa fase, di notevoli finanziamenti in ricerche il cui esito è incerto. Probabilmente, i progetti che porteranno competitivamente ai primi vaccini anti Covid-19 hanno già acquisito, almeno in gran parte, i finanziamenti necessari per questa fase di sviluppo delle ricerche.

In secondo luogo, le tecnologie che verranno concretamente utilizzate per produrre i vaccini potranno essere molto diverse e richiedere a loro volta sforzi economici e infrastrutture tra loro molto differenti. Inoltre, il vaccino o i vaccini dovranno essere prodotti nelle enormi quantità sufficienti per soddisfare tutta la domanda. Ciò richiederà capacità produttive ingenti, che implicano infrastrutture adeguate. Sarà peraltro da valutare una eventuale dislocazione dei centri produttivi in più di un paese per permetterne sia una rapida produzione sia una altrettanto rapida distribuzione, che potrà avvenire secondo diverse forme di collaborazione. Tale dislocazione potrebbe inoltre rendere più facile l’investimento diretto da parte degli Stati o degli istituti internazionali a dimensione regionale. Risolti i problemi di produzione e distribuzione, se ne porrà uno altrettanto serio: come rendere accessibile il vaccino in tutti i paesi, anche quelli più poveri, a condizioni eque.

Ciascuno di questi problemi ha molteplici forme di soluzione, ciascuna con diverse conseguenze per le parti coinvolte e diversi effetti sul quadro d’insieme per poter giungere al risultato finale. Alcune, peraltro, debbono essere lasciate alla autonomia imprenditoriale, ad un punto di giunzione tra ciò che è scientificamente adeguato a proteggere dal virus e ciò che è economicamente efficiente. Altre invece richiedono il diretto coinvolgimento degli Stati, se gli investimenti, anche a rischio visto che non si ha la certezza del risultato nelle fasi di sperimentazione, sono così elevati da dover per forza richiedere un investimento che ecceda quello usualmente fornito dal mercato. Altre infine sono necessariamente comuni, affinché il vaccino risulti effettivamente accessibile a condizioni eque per tutti. Se siamo veramente convinti – come tutti dichiariamo – che la salute è un bene comune globale, queste soluzioni debbono essere assunte congiuntamente, tenendo in considerazione sia le necessità di tutti gli Stati indistintamente, sia le esigenze e tutele delle imprese che produrranno e distribuiranno i vaccini, in un quadro globale in cui le imprese e gli Stati lavorino in sinergia.

A queste considerazioni, comunemente condivise da parte degli Stati, si contrappone pericolosamente, nel caso specifico della pandemia da COVID-19, il significato politico che il vaccino tende ad assumere. Lo Stato che produce per primo il vaccino, prodotto salvifico, può utilizzarlo per affermare così la sua eccellenza scientifica e tecnologica e dimostrare la sua capacità di proteggere per primi gli abitanti della sua nazione e poi gli abitanti dei paesi amici. La competizione economica diviene così anche competizione politica e misura di potere.

È quindi necessaria una sintesi che aiuti a ridurre le tensioni che innescano tutti i problemi descritti, ed entro un quadro di valori condivisi che permettano di raggiungere l’obiettivo dell’accesso equo ai vaccini, alla fine del percorso. Non si tratta di un gioco a somma zero, ma di un gioco a somma positiva, reso però difficile dal formarsi di coalizioni di interessi che possono portare a risultati sub-ottimali ed al rischio che il tema diventi oggetto di confronto politico invece che questione comune da risolvere con urgenza.

Il Global Compact è una sorta di accordo quadro che impegna le imprese ad applicare i Sustainable Development Goals (SDGs). Il settore privato ha già adottato varie misure all’interno di questo contenitore e vi sono state finora plurime forme di collaborazione tra Stati, organismi internazionali e imprese al fine di far progredire l’Agenda 2030. Non è difficile quindi trovare le sedi per un dialogo congiunto. Gli obiettivi ultimi possono anche essere facilmente condivisi. Ne dovrebbero essere testimonianza gli impegni assunti in seno alla Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) del 24 aprile 2020, su cui si tornerà in seguito.

Le soluzioni concrete richiederanno invece studio, riflessione e consapevolezza dei diversi interessi in gioco, ma nel comune obiettivo di garantire accesso ai vaccini a tutti ed in condizioni eque. Tra i punti di criticità che pare essenziale affrontare per una soluzione sinergica delle questioni – qui accennati e che la Commissione Covid-19 intende sviluppare a supporto della presente nota -, si evidenziano: i) il tema delle tecnologie che verranno concretamente utilizzate per produrre i vaccini, ii) quello delle quantità di vaccini che saranno prodotti e delle infrastrutture necessarie per produrli nella quantità desiderata, iii) il tema della loro distribuzione, con particolare riguardo alle aree con infrastrutture produttive pressoché inesistenti e sistemi distributivi inadeguati, in modo che le soluzioni a queste determinanti portino ad un effettivo accesso equo ai vaccini da parte di tutti. Le soluzioni concrete richiederanno inoltre la collaborazione tra le agenzie regolatorie sia per il rilascio delle autorizzazioni secondo standard omogenei, sia per il loro monitoraggio e sarà necessario avanzare proposte innovative per gli interventi a livello internazionale. Per questo l’esercizio deve iniziare immediatamente, prima che singole imprese o singoli Stati si muovano autonomamente con scelte irreversibili, non necessariamente le più efficienti e che possano pregiudicare i diritti di tutti gli altri.

2. Quadro di riferimento internazionale

La crisi attuale ha mostrato le molte criticità del sistema di cooperazione governato dall’OMS nella gestione della pandemia ed i limiti nei poteri dell’organizzazione; neppure la storia della produzione e gestione dei vaccini nelle crisi passate è di grande auspicio. In particolare, ricordiamo quanto fece discutere la decisione dell’Indonesia, all’epoca della influenza aviaria, nella cosiddetta “Dichiarazione di Giacarta”, di non condividere i campioni biologici prelevati dai pazienti attraverso la rete di laboratori coordinati dall’OMS per il monitoraggio dei virus influenzali. Ciò era accaduto perché il governo indonesiano voleva denunciare quella che a suo avviso era l’iniquità del sistema internazionale di contrasto alle pandemie. In particolare il governo indonesiano in quel frangente contestava a gran voce che le imprese farmaceutiche potevano liberamente ottenere brevetti sulle invenzioni realizzate a partire dai campioni biologici condivisi, così conseguendo ingenti profitti grazie a vaccini, kit diagnostici e farmaci antivirali, mentre per molti paesi in via di sviluppo, inclusi quelli che avevano fornito i campioni biologici, il prezzo dei vaccini e dei farmaci risultava proibitivo.

Il Framework per i virus influenzali a potenziale pandemico

La crisi diplomatica seguita alla Dichiarazione di Giacarta produsse l’approvazione da parte dell’OMS del noto Pandemic Influenza Preparedness Framework for the Sharing of Viruses and Access to Vaccines and Other Benefits nel 2011. Il Framework assicura che i virus influenzali a potenziale pandemico siano condivisi attraverso la rete di laboratori sotto il monitoraggio dell’OMS, in modo da risultare accessibili tempestivamente alla comunità scientifica, come è stato per la Covid-19. Un più equo accesso a vaccini e antivirali a favore dei paesi in via di sviluppo dovrebbe invece essere garantito dal fatto che i laboratori ed i centri di ricerca si impegnano, a loro volta, a trasferire all’OMS parte dei benefici della ricerca, derivanti dall’utilizzo delle risorse genetiche incluse nel Framework. Ciò avviene in base ad alcune opzioni, tra cui l’obbligo di donare all’OMS il 10% dei vaccini/antivirali prodotti, quello di venderne il 10% ad un prezzo agevolato, la concessione, alle imprese nei Paesi in via di sviluppo oppure all’OMS, di licenze a titolo gratuito o comunque in base a royalties accessibili. Non esiste tuttavia alcuna limitazione alla possibilità di questi laboratori o centri di ricerca di conseguire diritti di proprietà intellettuale su prodotti e procedimenti realizzati grazie all’accesso a materiali condivisi.

Il Framework è limitato come ambito di applicazione e nel tipo di messa a disposizione del vaccino a condizioni favorevoli da parte dei centri di ricerca. Infatti, già nel 2013 è sorta una controversia analoga in merito alla mancata condivisione, da parte dell’Arabia Saudita, di alcuni campioni di coronavirus MERS.

Peraltro, il Protocollo di Nagoya (3), in vigore dal 2015, che pur vuole rappresentare un tentativo di condivisione dei risultati delle ricerche scientifiche derivanti da risorse genetiche, inclusi i patogeni, obbliga le imprese che produrranno vaccini ad accordarsi con i governi nazionali per il compenso dovuto per il virus isolato in quello Stato, accordi che potrebbero rallentare la corsa per la messa in commercio del nuovo vaccino, con gravi conseguenze sulla salute.

TRIPS e licenze obbligatorie

I trattati internazionali in vigore in materia di proprietà intellettuale – che include quindi anche la regolazione dei brevetti – non offrono oggi soluzioni di natura generale e condivise su come poter garantire un accesso equo ai vaccini. L’Accordo TRIPS, ovvero l’accordo sulla proprietà intellettuale che fa parte degli accordi dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), lascia in ogni caso agli Stati determinare cosa sia brevettabile, stabilendo solo alcuni standard comuni. A ciò è piuttosto preposta l’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale (OMPI), ove tuttavia si scontrano culture spesso molto lontane. Il TRIPS si occupa invece primariamente di protezione di IP. In secondo luogo, l’impianto regolatorio del TRIPS si fonda sulla determinazione di alcune tutele alle privative determinate dai diritti di proprietà intellettuale, prevedendo da parte dello Stato la possibilità di tutelare la salute tramite l’applicazione di una eccezione ai principi generali dell’Accordo. Si tratta tuttavia di norme concepite per situazioni contingenti e limitate territorialmente.

Peraltro, i contrasti sull’applicazione di tali norme sono noti. Ad esempio, in passato si ebbero forti tensioni tra il Sud Africa e gli Stati Uniti a causa della decisione del Ministero della Salute del Sud Africa, negli anni novanta del secolo scorso, di ottenere i farmaci anti HIV per il servizio sanitario nazionale a prezzi più bassi non acquistandoli direttamente dalle imprese farmaceutiche statunitensi stabilite nel suo territorio e detentrici dei brevetti, ma presso stati terzi. Ne nacquero vari contenziosi tra le imprese farmaceutiche e il governo del Sud Africa che sfociarono appunto anche in forti tensioni tra i due paesi e che culminarono in concrete sanzioni da parte degli Stati Uniti, finché la vicenda si concluse con un accordo di compromesso. Il senso di frustrazione per un problema di fatto rimasto aperto nonostante la soluzione specifica si ripeté quando l’India cercò di rafforzare le proprie misure sull’utilizzo dei medicinali generici.

D’altronde, i contenziosi descritti hanno fatto sì che nel corso del Doha Round, un round di negoziati dell’Organizzazione Mondiale del Commercio che per altri versi ha avuto ben poco successo e che registra un momento di forte crisi dell’organizzazione nel suo insieme, fosse adottato il TRIPS-Plus (novembre 2001). Esso riconosce il diritto degli Stati di tutelare la salute pubblica e permette alcune misure di allentamento delle privative, ad esempio estendendo le licenze obbligatorie.

Non è però certo con uno strumento di questa limitata portata che si può risolvere oggi la questione della accessibilità ai vaccini. Questo strumento, in ogni caso condizionato nel suo utilizzo, renderebbe sì accessibile il vaccino, ma senza risolvere il problema a monte dell’investimento necessario per ottenere il vaccino rapidamente ed efficacemente. Fungerebbe di fatto da disincentivo per i produttori. Sarebbe inoltre geograficamente limitato poiché ha valenza territoriale (ciascuno Stato potrebbe decidere al suo interno di imporre la licenza obbligatoria).

Limiti alle politiche degli Stati di accaparramento

Se né il TRIPS né gli altri accordi dell’Organizzazione Mondiale del Commercio preposti alla regolazione dei beni fito-sanitari, che hanno norme più specifiche per quei beni che hanno un impatto diretto per la salute pubblica, sono in grado di offrire soluzioni immediate di valenza generale, per lo meno gli accordi OMC nel loro insieme pongono limiti alla autonomia degli Stati di limitare i flussi di beni. Certo, gli Stati hanno il diritto di proteggere le proprie comunità in situazioni di emergenza, ma qualsiasi comportamento deve avere caratteri di eccezionalità e restare proporzionato alle esigenze. Chiusure incondizionate hanno quindi limiti. Tuttavia, i vincoli degli accordi dell’Organizzazione Mondiale del Commercio riguardano esclusivamente i comportamenti degli Stati, non delle imprese, che non sono direttamente vincolate dal diritto internazionale.

D’altro canto, così come il TRIPS, nemmeno gli altri accordi dell’Organizzazione Mondiale del Commercio sono stati concepiti per gestire situazioni come quella attuale. Non è quindi in questi accordi che si potrà trovare direttamente la soluzione alla questione della distribuzione dei vaccini post pandemia Covid-19.

3. Necessità di un passo avanti rispetto all’esistente e accordi globali tra Stati ed industria

Non è quindi nel solco degli strumenti esistenti nel quadro dell’ordine economico internazionale che si possono trovare immediate soluzioni al problema della produzione ed accesso ai vaccini contro la Covid-19.

Nel solco dei Sustainable Development Goals (SDGs) e del Global Compact

Nel solco invece di una possibile rinnovata cooperazione che vada oltre il Framework OMS del 2011, e facendo inoltre leva sugli impegni assunti nel contesto dei Sustainable Development Goals in tema di tutela della salute da parte anche del settore privato tramite il menzionato Global Compact, è urgente concepire nuovi approcci e dare inizio immediatamente a negoziati per il raggiungimento di un patto che contemporaneamente permetta la realizzazione e la produzione dei vaccini, nei modi più possibile efficienti e sostenuti dai necessari investimenti, e ne garantisca l’accesso a tutti a condizioni eque.

Dando concreto contenuto agli impegni assunti il 24 aprile in seno all’OMS per accelerare l’accesso agli strumenti contro la Covid-19

La storia ci ha insegnato che l’OMS ha fatto concreti passi avanti sempre a seguito di una epidemia o una pandemia. I risultati della recente assemblea generale OMS non hanno dato segnali particolarmente positivi dell’intenzione di fare progressi significativi alla luce di questa ultima emergenza; tuttavia, un progetto concreto ed ambizioso come quello di una condivisione piena della gestione della produzione ed accesso ai vaccini contro la Covid-19 potrebbe essere la vera occasione di rilancio.

Il 24 aprile, l’OMS ha ottenuto da numerosi capi di stato e responsabili di organizzazioni statali e private coinvolte con la sanità la dichiarazione di lavorare insieme per un “equitable global access to all the tools to prevent, detect, treat and defeat COVID-19” (4).

Dunque, esistono le premesse per tentare un esercizio più ambizioso di quelli avuti in passato. Non solo è necessaria sinergia per il contemperamento di tutti gli interessi in gioco, ma è ugualmente indispensabile la partecipazione di chi dispone della conoscenza in grado di valutare la complessità delle problematiche. Soprattutto, le fasi di sperimentazione, autorizzazione, produzione, distribuzione ed accesso al vaccino debbono essere affrontate congiuntamente come componenti della medesima azione congiunta.

A questo si sono impegnati gli stati, centri di ricerca ed imprese che hanno aderito agli impegni del 24 aprile:

1. Ci impegniamo a condividere l'obiettivo di un accesso equo e globale a strumenti innovativi contro il Covid-19 che si applichi a tutti.

2. Ci impegniamo a un livello di partnership senza precedenti - coinvolgere in modo proattivo le parti interessate, allineando e coordinandone gli sforzi, basandosi sulle collaborazioni esistenti, la ricercando collettivamente soluzioni, e fondando la nostra collaborazione sulla trasparenza e i principi della scienza.

3. Ci impegniamo a creare una forte unica voce per massimizzare l'impatto, riconoscendo che non è questione del potere di assumere una decisione unica, ma piuttosto della capacità di unirsi nella soluzione dei problemi collettivamente, di interconnessione e inclusività, in cui tutte le parti interessate possono connettersi e beneficiare dell'esperienza, delle conoscenze e delle attività di questa piattaforma condivisa orientata all'azione.

4. Ci impegniamo a fare tesoro delle esperienze passate per raggiungere questo obiettivo, anche garantendo che ogni attività che intraprendiamo venga eseguita attraverso le lenti di un accesso equo e globale, e che le voci delle comunità più colpite siano ascoltate.

5. Ci impegniamo ad essere responsabili nei confronti del mondo, delle rispettive comunità, e l'un l'altro. Ci uniamo nello spirito di solidarietà e nel servizio all'umanità, per realizzare la nostra missione e visione.

La chiamata degli impegni assunti il 24 aprile 2020 necessita tuttavia di contenuti concreti, da realizzare in modo coordinato e coerente. Non è sufficiente invocare una comune responsabilità, né – come indicato – ci si può semplicemente fondare sulle norme esistenti a livello internazionale. Occorre invece un quadro di principi che guidi nella realizzazione congiunta di un piano di interventi ed azioni effettivamente ‘globali’, per quanto poi realizzate in modo articolato secondo le necessità e le parti di volta in volta individualmente coinvolte.

I passi operati a Davos nel 2017 per la costituzione del CEPI avevano ottenuto l’impulso politico dal G-20. In previsione della presidenza dell’Italia del G-20 nel 2021, si auspica che sia l’Italia ad assumere, fin d’ora, un ruolo decisivo in questa questione essenziale per la sopravvivenza ed il bene di tutti.

1 giugno 2020

Note
(1) https://www.europarl.europa.eu/news/it/headlines/priorities/risposta-ue-al-coronavirus/20200323STO75619/il-sostegno-dell-ue-per-la-ricerca-su-vaccini-e-cure-contro-covid-19
(2) Cfr. The Scientist Journal https://www.the-scientist.com/news-opinion/covid-19-vaccine-frontrunners-67382, nonché WHO Draft landscape of COVID-19 candidate vaccines, https://www.who.int/who-documents-detail/draft-landscape-of-covid-19-candidate-vaccines.
(3)Protocollo di Nagoya sull’Accesso alle Risorse Genetiche e l’equa condivisione dei benefici derivanti dal loro utilizzo, protocollo alla Convenzione sulla Biodiversità Biologica.
(4) Access to Covid-19 Tools (ACT) Accelerator -A Global Collaboration to Accelerate the Development, Production and Equitable Access to New COVID-19 diagnostics, therapeutics and vaccines, 24 aprile 2020: https://www.who.int/who-documents-detail/access-to-covid-19-tools-(act)-accelerator.
(5)  Traduzione non ufficiale de
1. We commit to the shared aim of equitable global access to innovative tools for COVID-19 for all.
2. We commit to an unprecedented level of partnership – proactively engaging stakeholders, aligning and coordinating efforts, building on existing collaborations, collectively devising solutions, and grounding our partnership in transparency, and science.
3. We commit to create a strong unified voice to maximize impact, recognizing this is not about singular decision-making authority, but rather collective problem-solving, interconnectedness and inclusivity, where all stakeholders can connect and benefit from the expertise, knowledge and activities of this shared action-oriented platform.
4. We commit to build on past experiences towards achieving this objective, including ensuring that every activity we undertake is executed through the lens of equitable global access, and that the voices of the communities most affected are heard.
5. We commit to be accountable to the world, to communities, and to one another. We are coming together in the spirit of solidarity, and in the service of humanity, to achieve our mission and vision.


 

I pareri espressi dalle Commissioni Lincee rientrano nella loro autonoma responsabilità.

 È disponibile anche la versione inglese del documento

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Author: 
Commissione Covid-19
Date: 
Monday, 1 June 2020
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