Tu sei qui

Leonardo anatomista a Roma

Date: 
27/04/2020

 

Il periodo trascorso da Leonardo a Roma costituisce uno dei capitoli più importanti e meno noti della sua opera di anatomista, esplorabile grazie alla attribuzione ai tardi anni romani di alcune note e disegni aggiunti dal maestro ai fogli di soggetto embriologico già iniziati nel corso del soggiorno milanese.

Gli studi anatomici di Leonardo a Roma non furono senza contrasti e difficoltà. Una lettera che Leonardo inviò nel 1515 al suo protettore Giuliano de Medici lo illustra: “Quest’altro m’ha impedito l’anatomia col Papa biasimandola e così allo spedale” (Codice Atlantico, fol. 500r). “Quest’altro” è tal Giovanni degli Specchi, il quale, oltre a tentare di rubare a Leonardo idee e invenzioni, aveva diffuso contro di lui gravi accuse proprio a causa delle sue ricerche anatomiche. Il saggio in catalogo di Domenico Laurenza (da cui questo breve testo è tratto) chiarisce come il problema, agli occhi dell’autorità ecclesiastica di allora, non fosse tanto la dissezione autoptica dei cadaveri, quanto le questioni di carattere più propriamente filosofico e teologico chiamati inevitabilmente in causa dagli studi di carattere anatomico-fisiologici sugli aspetti funzionali di alcuni organi connessi all’essenza stessa della vita, quali ad esempio quelli relativi alla nascita.

Quali furono dunque gli studi anatomici di Leonardo a cui si fa riferimento nella lettera a Giuliano? Un disegno del Codice Atlantico (il foglio 313r), databile tra il 1514-15 per via di precisi riferimenti storici, ci mostra che, mentre è a Roma, Leonardo compie studi di embriologia, riprendendo un tema già affrontato nella serie analoga realizzata a Milano intorno al 1509-10: questi schizzi ricordano infatti le illustrazioni del feto nell’utero del foglio della collezione della Royal Library di Windsor (RCIN 919102r). Diversità nella resa della configurazione della placenta tra i due studi indicano che proprio a Roma Leonardo abbia potuto sviluppare nuove conoscenze su questo tema, legato alla vita del feto: inevitabile che l’approccio coinvolgesse anche la natura dell’anima. Nel citato foglio di Windsor, Leonardo scrive: “A questo putto non batte il cuore e non alita […] e una medesima anima governa questi due corpi e i desideri, le paure e i dolori son comuni così a essa creatura come a tutti li altri membri animati [della madre]” implicando che una stessa anima, quella materna, presiede alle attività sia della madre sia del feto. Ancora, in un altro foglio della Royal Library di Windsor (RCIN 919115r), Leonardo inserisce una nota riguardante l’anima e la sua opera di composizione del corpo e in particolare il ruolo dell’anima della madre nel corso dell’embriogenesi; “d’esso corpo componitrice, cioè l’anima della madre che, prima, compone nella matrice la figura dell’omo e, al tempo debito, desta l’anima che di quel debbe essere l’abitatore. La qual prima resta addormentata e in tutela dell’anima della madre, la qual nutrisce, vivifica per la vena ombelicale con tutti li sua membri spirituali. E il resto della definizion dell’anima lascio nella mente de’ frati, padri de popoli, li quali per ispiratata azione san tutti li segreti”.

Quest’ultima affermazione, di tono velatamente irridente, se connessa con il contesto storico-religioso del periodo, suggerisce di datare queste aggiunte al periodo romano di Leonardo. Nel dicembre del 1513, nell’ambito del Concilio Laterano V, Leone X promulgò la bolla Apostolici regiminis che condannava come detestabiles et abominabiles haereticos et infideles i filosofi naturali che sostenevano la tesi della mortalità dell’anima, ribadendo che l’anima non derivava dalla materia ma era creata da Dio e infusa nel corpo, argomento dunque vicino all’embriogenesi.

Come più ampiamente argomentato dallo stesso Domenico Laurenza (Leonardo nella Roma di Leone X: gli studi anatomici, la vita, l’arte, Firenze 2004), le accuse ricevute da Leonardo (in una temperie che vide anche la ritrattazione imposta per ragioni non dissimili a Pietro Pomponazzi), a cui si accenna nella lettera a Giuliano de’Medici, dovettero riguardare proprio le componenti più strettamente filosofiche dei suoi studi embriologici e anatomici, contro i quali ebbe forse facile gioco scagliarsi la calunnia dell’infido Giovanni degli Specchi.

Un breve testo inserito da Leonardo in un foglio del Codice Arundel consente infine di formulare una ipotesi su quale fosse l’ospedale in cui il maestro conduceva le sue ricerche: “Fatevi dare le difinitione e riparo del caso al Sancto e all’altro e vedrete che omini son eletti per medici di malattie da lor non conosciute” (Codice Arundel, f. 147v). Quel “Sancto” a cui Leonardo fa polemicamente riferimento, stigmatizzandone forse la pedanteria eziologica, è ragionevolmente il chirurgo Mariano Santo da Barletta, che in quegli stessi anni operava a Roma, presso l’ospedale di Santa Maria della Consolazione. Pur con ogni cautela, è forse possibile ipotizzare che fosse questo e non quello di Santo Spirito in Sassia, benché topograficamente più prossimo al luogo dove Leonardo viveva, l’ospedale dove Leonardo svolse i suoi studi ed ebbe anche modo di confrontarsi con i medici del tempo.

Per altre notizie sulla Celebrazione dei 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci si veda Il trittico dell'ingegno italiano. Leonardo 1519-2019


Bibliografia

Tratto da D. Laurenza, Gli studi anatomici di Leonardo a Roma e l’Ospedale di Santa Maria della Consolazione, in Leonardo a Roma. Influenze ed eredità, Catalogo della mostra, Roma 2019, pp. 193-202


Legenda

Fig. 1 Leonardo da Vinci, <i>Studi embriologici</i> (Windsor, Royal Library; RCIN 919102r, Royal Collection Trust © Her Majesty Queen Elizabeth II 2019.

 

Categoria: 
Approfondimento