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Il Socio Mario Rosa, storico, scomparso a dicembre 2022

Date: 
02/01/2023

Il 24 dicembre 2022 si è spento serenamente Mario Rosa, socio corrispondente (dal 2006) e poi (dal 2015) socio nazionale dell’Accademia dei Lincei (Classe di scienze morali), professore emerito della Scuola Normale Superiore di Pisa dove aveva insegnato Storia Moderna per circa venti anni (dal 1989 al 2007) ed aveva assunto l’incarico di vicedirettore dal 1994 al 1998.

Nato a Napoli nel 1932, aveva compiuto la sua formazione universitaria alla Scuola Normale tra il 1951 e il 1955 e in quegli anni, come rievocava nella sua intervista a «Società e Storia» (Percorsi di ricerca nella storiografia italiana del Novecento, a cura di Niccolò Guasti,2020/169, pp.577-608), aveva maturato «un forte interesse per il nesso tra politica e religione» e l’esigenza «di riflessione sul ruolo storico della religione cattolica nell’età
moderna» (p. 579), scelte tematiche e problematiche alle quali resterà fedele pur nella varietà degli approcci e delle esperienze di ricerca che si sarebbero susseguiti nel lungo e mosso percorso della sua vita di studioso. In modo appassionato il giovane Mario Rosa partecipò alla fase complessa e anche tormentata attraverso la quale il progetto di Dizionario Biografico degli Italiani, elaborato dall’Enciclopedia Italiana tra gli anni Venti e Trenta, si materializzava nel 1960 con l’uscita dei primi volumi dell’opera (Marcello Verga, «Il Dizionario si farà». Note per una storia del Dizionario Biografico degli Italiani, in Religione, cultura e politica nell’Europa dell’età moderna. Studi offerti a Mario Rosa dagli amici, a cura di Carlo Ossola, Marcello Verga, Maria Antonietta Visceglia, Firenze, Olschki, 2003, pp. 3-39). Rosa, che aveva conseguito il diploma in Normale nel 1955, divenne infatti nello stesso anno
uno dei redattori del Dizionario, allora diretto da Fortunato Pintor e Arsenio Frugoni, esercitando questa funzione per sette anni fino all’inizio del 1963. Risalgono a quel periodo biografie da lui elaborate per l’opera di cui era redattore che rimangono saggi esemplari e fondativi come il profilo del Generale della Compagnia di Gesù, Claudio Acquaviva, o quello di alcuni pontefici (Adriano VI, Alessandro VII, Benedetto XIV). Soprattutto la lunga
esperienza nel Dizionario che rimase un’opera alla quale Rosa restò profondamente legato precisò il suo scrupolo per l’esattezza filologica, accrebbe la sua capacità di dominare fonti assai diversificate e di spaziare tra epoche diverse, affinò il suo gusto, già maturato in Normale, per la ricerca erudita e per la storia della cultura politica. Nella prima metà degli anni Sessanta pubblicava infatti saggi importanti sull’erudizione toscana del Settecento, sulla
‘fortuna’ settecentesca di Machiavelli (Dispotismo e libertà nel Settecento. Interpretazioni ‘repubblicane’ di Machiavelli, Bari, Dedalo 1964, 2ed. Pisa 2005) e intraprendeva una lunga riflessione su Muratori e sull’erudizione muratoriana che resterà uno dei suoi più importanti filoni di ricerca. 

La carriera accademica di Mario Rosa prese inizio in due università del Mezzogiorno: a Bari e a Lecce, la giovane università del Salento allora molto aperta nell’accogliere studiosi provenienti da altre sedi. A Lecce Rosa ebbe il suo primo incarico di docente di Storia a Magistero nel 1966 e insegnò poi fino al 1972 Storia Moderna presso la Facoltà di Lettere.

Assunse quindi a Bari dove già era stato reclutato come assistente di Pasquale Villani nel 1963 la sua prima cattedra di professore ordinario restando nella città pugliese fino al 1978. Fu quello barese un periodo assai significativo della biografia intellettuale di Mario Rosa. In una Facoltà molto vivace e articolata insieme a Pasquale Villani divenne punto di riferimento di una generazione di allora giovani studiosi di storia politico-sociale dell’età moderna ansiosi di uscire dalla ancora dominante temperie dello storicismo crociano e di proporre letture alternative della storia del Mezzogiorno.

Gli interessi di Mario Rosa per la cultura illuministica e per la storia religiosa si incrociarono in un approccio originale alla storia della Chiesa e del potere politico. Ritagliandosi un suo spazio accanto ai filoni dominanti di storia della ‘Riforma cattolica’ o di ‘storia della pietà’ Rosa lanciò un cantiere di ricerca sulla storia delle istituzioni ecclesiastiche, sul ruolo di queste ultime nelle strutture urbane (discutendo il paradigma della ‘religione cittadina’), sul loro rapporto con i poteri locali feudali e con le magistrature centrali dello Stato. Presero corpo allora i suoi saggi fondamentali sul giurisdizionalismo e l’organizzazione ecclesiastica del Regno di Napoli, sulla geografia diocesana, sulla fiscalità pontificia e sul drenaggio di ricchezza che rappresentava per il Mezzogiorno, studi analitici che anni dopo sarebbero confluiti in un complesso quadro d’assieme elaborato per la Storia d’ Italia Einaudi (La Chiesa meridionale nell’età della Controriforma, in Annali 9, La Chiesa e il potere politico, a cura di Giorgio Chittolini e Giovanni Miccoli, Torino, Einaudi 1986, pp. 293-345). In questo contesto si inserisce già dal 1966 la sua collaborazione al progetto CNR dell’Atlante storico italiano del quale per l’età moderna era responsabile Marino Berengo e al quale Villani e un gruppo di suoi allievi lavoravano per l’elaborazione di una rappresentazione cartografica della feudalità. Mario Rosa propose di affiancare carte concernenti per il periodo 1580-1630 le istituzioni ecclesiastiche secolari e le strutture caritative assistenziali. Il progetto Atlante non
fu completato per ragioni burocratiche e finanziarie (Angelo Massafra, Il «Laboratorio» dell’Atlante Storico Italiano: un bilancio ancora aperto, in Religione, cultura e politica, pp.41-73). Produsse tuttavia una straordinaria raccolta di dati archivistici, saggi e Quaderni, fu occasione per collaborazioni internazionali con storici austriaci, francesi e polacchi che tentavano esperienze analoghe, soprattutto rappresentò per Mario Rosa l’approdo duraturo a una visione spaziale dei fenomeni storici laddove nella nostra cultura storica ‘nazionale’ assai tenue era l’interazione storia –geografia e l’interesse alla cartografia storica.

Mario Rosa è stato uno storico assai aperto all’ascolto delle voci plurali del dibattito storiografico. Lo ritroviamo dal 1970 al 1977 nel comitato di redazione di “Quaderni Storici”, diretto da Alberto Caracciolo e Pasquale Villani, dal 1978 al 1988 nel comitato scientifico della medesimo rivista che si fece in quegli anni interlocutrice non passiva delle “Annales ESC”; fece parte della redazione di “Società e Storia” dalla fondazione (nel 1978) alla metà degli anni Ottanta e dal 1988 è stato membro del comitato direttivo e poi dal 2002 direttore della “Rivista di Storia e Letteratura Religiosa”.

Nel 1978 Mario Rosa lasciò Bari per l’Università Pisa, per passare poi alla Facoltà di Lettere dell’Università di Roma ‘Sapienza’ ove insegnò Storia Moderna dal 1984 al 1988 tornando a Pisa ma alla Scuola Normale nel 1989 dove avrebbe concluso la sua attività di docente.

Questa mobilità, segnata anche da intensi contatti a livello internazionale soprattutto con la storiografia francese, riorientarono i suoi interessi verso una ripresa degli studi sul rapporto tra cattolicesimo e Lumi (Cattolicesimo e lumi nel Settecento italiano, Roma, Herder 1981), sul giansenismo come fenomeno europeo, sulla cultura politica della Curia romana tra Cinque e Seicento (La Curia romana nell’età moderna Istituzioni, cultura, carriere, Roma, Viella 2013) e favorì anche un’attenzione nuova, in un dialogo costante tra storia sociale e storia religiosa, ai temi della marginalità, del pauperismo, dell’assistenza nonché allo studio della pratica religiosa e dell’esperienza concreta del gesto devozionale.

Nel ricordare Mario Rosa, maestro per diverse generazioni di storiche e storici italiani, oltre che riconoscergli la capacità di dissodare ambiti di ricerca tra loro diversificati senza mai cadere nell’eclettismo e di spaziare nei diversi secoli di una lunga età moderna, dobbiamo rendergli atto di una disponibilità non consueta a confrontarsi con indirizzi storiografici assai distanti da quelli dominanti nella fase della sua formazione: con la storia sociale anche nella sua variante microstorica e con la storia di genere alla quale riconosceva dignità e meriti, riflettendo con straordinaria finezza sul mondo religioso femminile (La religiosa, in L’uomo barocco, a cura di Rosario Villari, Roma- Bari, Laterza, pp.219-267).

Una attitudine intellettuale che era anche non comune apertura umana nella quale ironia e discrezione si fondevano diventando cifra della sua personalità.

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